Quando si decide di avviare un’attività beneficiando del finanziamento Resto al Sud 2.0, uno degli elementi apparentemente più semplici – ma in realtà tra i più delicati – è la scelta del codice ATECO. In apparenza si tratta solo di una sigla numerica che identifica l’attività economica. In realtà, è una dichiarazione formale che incide direttamente sull’ammissibilità della domanda, sulla coerenza del progetto, sulla rendicontazione futura e persino sulle agevolazioni fiscali accessibili.
Scegliere il codice ATECO sbagliato significa rischiare l’inammissibilità in fase istruttoria, ma anche compromettere l’equilibrio tra attività effettiva, spese previste e quadro normativo di riferimento. Con l’evoluzione del bando nella sua versione 2.0, questo passaggio richiede ancora più attenzione, perché la nuova formulazione consente un ampio ventaglio di attività, ma impone al contempo un elevato grado di coerenza tecnica e strategica tra l’attività dichiarata e quella effettivamente svolta.
Cos’è il codice ATECO e perché è così importante per Resto al Sud
Il codice ATECO (acronimo di Attività Economiche) è la classificazione statistica adottata dall’ISTAT per categorizzare ogni attività economica presente sul territorio nazionale. Ogni codice, composto da una sequenza numerica progressiva, definisce la natura giuridica, fiscale e statistica di ciò che un’impresa svolge. È il codice che viene attribuito al momento dell’apertura della Partita IVA e compare nei registri ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, della Camera di Commercio e nei sistemi di profilazione INPS, INAIL e Agenzia delle Dogane.
Nel contesto di Resto al Sud 2.0, il codice ATECO ha un ruolo fondamentale perché è uno dei parametri utilizzati per verificare l’ammissibilità del progetto. La misura, infatti, non finanzia tutte le tipologie di attività, ma solo quelle comprese negli elenchi ufficiali pubblicati da Invitalia e costantemente aggiornati. Alcune attività, come il commercio ambulante o i giochi d’azzardo, sono escluse in modo esplicito. Altre, come i servizi professionali, sono ammesse solo se esercitate in forma d’impresa.
Ma anche tra le attività ammissibili, l’esatta corrispondenza tra codice e contenuto progettuale è cruciale: se il business plan descrive una startup tech, ma il codice scelto è riferito al commercio al dettaglio, si genera una discrepanza che può compromettere l’intera pratica. Lo stesso vale se il codice scelto non consente l’inserimento di determinate spese nel piano d’investimento, come avviene nei casi in cui si intendano finanziare immobili, attrezzature specifiche o software personalizzati.
Come scegliere il codice ATECO corretto per la tua attività
Il punto di partenza è la natura concreta dell’attività che si intende svolgere. Prima ancora di consultare l’elenco, è necessario descrivere con chiarezza cosa farai, per chi, in che modo e con quali strumenti. Solo da una visione lucida dell’operatività quotidiana potrà derivare la scelta corretta del codice.
Dopo questa analisi preliminare, si passa alla consultazione del portale ufficiale ISTAT, dove è possibile effettuare una ricerca per parola chiave o esplorare la classificazione per sezioni e sottosezioni. Ogni codice è associato a una descrizione dettagliata, e in molti casi sono presenti note esplicative o esclusioni.
È consigliabile puntare su un codice quanto più specifico e coerente con la descrizione del progetto: un codice generico potrebbe offrire maggiore flessibilità, ma apparire poco solido in sede di istruttoria. Al contrario, un codice troppo restrittivo rischia di limitare le spese rendicontabili. Ad esempio, chi intende aprire un laboratorio artigianale con vendita diretta dovrebbe privilegiare un codice che comprenda sia la produzione sia la vendita, oppure dichiarare un’attività prevalente e una secondaria.
È buona prassi verificare se il codice selezionato sia incluso nell’elenco delle attività ammissibili da Invitalia, disponibile sul sito istituzionale. In caso di dubbio, è possibile richiedere chiarimenti all’assistenza tecnica o confrontarsi con un consulente esperto in finanza agevolata per evitare fraintendimenti.
Coerenza tra codice ATECO, business plan e piano spese: il triangolo della sostenibilità
La scelta del codice ATECO non può essere isolata: deve dialogare in modo perfetto con gli altri due pilastri del progetto imprenditoriale, ovvero il business plan e il piano delle spese. Questo triangolo deve essere tecnicamente allineato, altrimenti Invitalia potrebbe rilevare incongruenze, formulare rilievi o addirittura dichiarare l’inammissibilità.
Se il codice scelto descrive un’attività di consulenza informatica, ma il business plan è incentrato sulla produzione artigianale di prodotti fisici, il mismatch sarà evidente. Se il piano spese prevede l’acquisto di un laboratorio di estetica, ma il codice è riferito a servizi di marketing digitale, il problema sarà immediato. La coerenza tra questi tre elementi – ATECO, progetto, spese – è il vero indicatore di solidità per l’istruttore che valuterà la pratica.
Inoltre, ogni codice ATECO porta con sé implicazioni fiscali, previdenziali e contributive: alcune attività rientrano nel regime forfettario, altre impongono obblighi INAIL, altre ancora richiedono iscrizioni a specifici albi o registri. Questi aspetti, se non previsti fin dall’inizio, possono causare difficoltà operative e costi non preventivati.
Attività ibride e pluricodice: quando e come dichiarare più ATECO
In molti casi, il progetto prevede attività ibride, come ad esempio un laboratorio con vendita diretta, una scuola con attività online e in presenza, o un B&B con noleggio bici. In questi casi è possibile – e spesso opportuno – dichiarare più codici ATECO, identificando però una prevalente e una o più secondarie.
La prevalente è quella su cui si basano i criteri di ammissibilità al bando. Le secondarie sono funzionali al completamento dell’offerta, ma devono essere compatibili con la logica del progetto. Anche qui la coerenza è tutto: il piano spese e il modello organizzativo devono riflettere con precisione questa scelta, dimostrando che l’attività principale è quella indicata come tale.
Errori da evitare nella scelta del codice ATECO
Tra gli errori più frequenti, il primo è quello di copiare un codice da un’attività simile, senza verificare le specificità del proprio progetto. Ogni impresa è un sistema a sé, e ciò che funziona per un’altra realtà potrebbe non essere applicabile. Altrettanto pericoloso è scegliere il codice più generico per lasciare margine di manovra, perché in sede di istruttoria ciò può essere letto come mancanza di chiarezza o debolezza del progetto.
Un altro errore diffuso è non aggiornare il codice in fase di attivazione della Partita IVA, creando un disallineamento tra il codice dichiarato nel business plan e quello effettivamente registrato. Questo può causare problemi in fase di rendicontazione, soprattutto se si intende giustificare spese coerenti con un’attività diversa.
Conclusione: il codice ATECO è il DNA della tua impresa, sceglilo con consapevolezza
Nel percorso di accesso ai fondi del Resto al Sud 2.0, la scelta del codice ATECO è molto più di un passaggio burocratico. È una dichiarazione di identità dell’impresa che stai per costituire. Definisce cosa fai, come lo fai, per chi lo fai. E determina non solo l’ammissibilità al bando, ma anche la possibilità di costruire un’attività realmente sostenibile, coerente e in grado di svilupparsi nel tempo.
Chi parte con un codice errato parte con il piede sbagliato. Chi invece sceglie in modo consapevole, verificato e strategico, costruisce già nel business plan una struttura solida e credibile. Il successo della domanda non dipende solo da grandi idee, ma da piccoli dettagli gestiti con rigore. E il codice ATECO è, senza dubbio, uno di questi.