Resto al Sud 2.0 e Franchising: tutto ciò che devi sapere prima di partire

Resto al Sud 2.0 e franchising

Guida alla Lettura

L’interesse verso il franchising è in costante crescita tra i giovani imprenditori del Mezzogiorno. Questo modello consente di avviare un’attività con il supporto di un marchio già affermato, una formula commerciale collaudata e una rete di assistenza costante. Ma è possibile finanziare l’apertura di un punto franchising con Resto al Sud 2.0? La risposta è sì, ma con una serie di condizioni, limiti e requisiti tecnici che è fondamentale conoscere a monte per evitare errori strategici.

Con l’evoluzione della misura nella sua versione 2.0, Resto al Sud si è confermato uno dei più potenti strumenti di finanza pubblica a sostegno dell’imprenditorialità giovanile nel Meridione, e tra le tante attività ammissibili, anche il franchising trova spazio, purché rispetti una serie di criteri progettuali, gestionali e documentali. Vediamo insieme cosa prevede realmente la normativa, quali sono le caratteristiche compatibili e come strutturare una richiesta corretta.

Franchising e Resto al Sud: una compatibilità possibile, ma regolata

Nel panorama delle attività finanziabili con Resto al Sud 2.0, il franchising rientra a pieno titolo tra le iniziative ammesse, ma non in forma automatica. Occorre innanzitutto distinguere tra franchising formale e collaborazioni commerciali flessibili: solo il franchising con contratto registrato e regolato secondo la Legge 129/2004 può essere considerato come tale ai fini dell’ammissione.

Il punto di partenza è la titolarità dell’attività: il beneficiario deve essere pienamente titolare dell’impresa che presenta la domanda, con Partita IVA autonoma, gestione propria e un business plan coerente. Non è ammesso il finanziamento di attività dove il franchisor detiene il controllo diretto o dove il soggetto proponente non abbia autonomia decisionale e gestionale. Resto al Sud non finanzia, in altre parole, unità operative dipendenti da una sede centrale, ma imprese individuali o societarie indipendenti, seppur affiliate.

Per questo motivo, il franchising è compatibile con la misura solo quando il contratto rispetta i criteri di legge e quando il franchisee mantiene responsabilità piena della gestione economico-finanziaria, anche se riceve linee guida, formazione o supporto dal brand madre.

Quali spese sono finanziabili in un progetto franchising con Resto al Sud 2.0

Il franchising presenta alcune peculiarità nella struttura dei costi. Ecco perché è fondamentale valutare attentamente le voci ammissibili, per evitare di includere nel business plan elementi che non possono essere coperti dal contributo.

Sono ammesse, come per ogni altra impresa:

  • le spese per l’allestimento del locale, comprese opere murarie, impianti, arredi, insegne e layout secondo gli standard del marchio;
  • l’acquisto di attrezzature, macchinari, registratori di cassa, software gestionali, purché nuovi e coerenti con l’attività;
  • la realizzazione di sito web e strumenti di marketing digitale, se non forniti direttamente dal franchisor;
  • le spese di gestione iniziali, come affitti, utenze, leasing e assicurazioni (entro il tetto del 20%).

Non sono invece finanziabili i canoni di ingresso nel franchising (fee di affiliazione), i diritti di utilizzo del marchio, le royalties, i servizi di consulenza e supporto erogati dal franchisor, né le spese di formazione. Queste componenti, seppur fondamentali per entrare nella rete, devono essere sostenute con risorse proprie dal proponente o gestite attraverso accordi dilazionati.

Per questo motivo, è necessario costruire un piano economico autonomo, dove il contributo Resto al Sud finanzia gli investimenti materiali e operativi del punto vendita, ma non le componenti immateriali legate al contratto di affiliazione.

Business plan e franchising: cosa tenere presente per una delibera positiva

Uno degli elementi centrali della pratica Resto al Sud è la redazione del business plan, che nel caso di un franchising richiede un approccio doppio: da un lato deve riflettere la struttura standardizzata imposta dal franchisor, dall’altro deve dimostrare la piena autonomia e sostenibilità dell’impresa locale.

È essenziale includere nel piano una descrizione completa del contratto di franchising, allegare eventuali lettere d’intenti o accordi preliminari, e dettagliare in modo trasparente quali componenti del pacchetto franchising sono escluse dal finanziamento. Questo serve a evitare rilievi in fase istruttoria, che potrebbero generare richieste di chiarimenti, modifiche o – nei casi peggiori – bocciature.

Il piano finanziario dovrà poi evidenziare che l’impresa genera reddito autonomo, ha una previsione sostenibile di costi e ricavi, ed è in grado di operare in equilibrio economico, pur nel rispetto delle linee guida della rete.

Anche il codice ATECO selezionato dovrà riflettere l’effettiva attività svolta: se si tratta di una gelateria in franchising, sarà necessario inserire il codice specifico per la somministrazione o la produzione dolciaria, non quello del commercio generico. Questo dettaglio, spesso trascurato, può fare la differenza nella coerenza progettuale.

Franchising e Resto al Sud: una leva strategica se gestita con metodo

Se ben costruito, il binomio tra franchising e Resto al Sud può trasformarsi in una leva formidabile. Il primo fornisce un modello replicabile, il secondo consente di realizzarlo senza capitale iniziale. Ma la chiave di tutto resta nella corretta progettazione: la misura finanzia l’impresa locale, non il brand nazionale.

Chi intende entrare in una rete in franchising deve prima comprendere con chiarezza quali costi saranno a carico proprio, quali potranno essere coperti dal finanziamento pubblico e come documentare tutto nel business plan. Solo in questo modo sarà possibile costruire una proposta coerente, credibile e approvabile.

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