Con la firma del 12 luglio 2025, il decreto attuativo di Resto al Sud 2.0 ha finalmente concluso il proprio iter, trasformando un impianto legislativo rimasto in sospeso per oltre un anno in uno strumento operativo a disposizione dei giovani e delle donne che intendono avviare un’attività nelle regioni meridionali. L’iniezione di 495 milioni di euro distribuiti tra Fondo Sociale Europeo Plus e PNRR non rappresenta soltanto un sostegno finanziario immediato: si traduce in un volano capace di stimolare occupazione qualificata, attrarre competenze tecnologiche e favorire la transizione verde in territori spesso penalizzati da ritardi infrastrutturali.
Allo stesso tempo, la promulgazione del decreto segna un cambio di paradigma nella politica di coesione nazionale, perché integra agevolazioni a fondo perduto, voucher e accompagnamento specialistico in un’unica cornice, evitando la frammentazione che aveva caratterizzato gli strumenti precedenti. Questa armonizzazione consente di ridurre le asimmetrie informative, chiarire i criteri di accesso e garantire un flusso continuo di risorse, con ricadute dirette sul tessuto imprenditoriale locale e indirette sull’attrattività complessiva del Mezzogiorno per investitori esterni.
Un contesto normativo in evoluzione e l’arrivo del decreto attuativo Resto al Sud 2.0
Fin dal 7 maggio 2024, data di pubblicazione del Decreto Coesione, si era intuito che Resto al Sud 2.0 sarebbe diventato la misura cardine per colmare i gap territoriali, ma l’assenza di regole applicative aveva congelato le aspettative degli aspiranti imprenditori. Ora quel vuoto normativo è colmato da un provvedimento che definisce requisiti soggettivi, massimali di spesa, criteri di premialità e tempistiche di istruttoria, offrendo finalmente chiarezza a chi deve programmare investimenti e reperire cofinanziamenti.
Il decreto dedica un’attenzione specifica alle aree interne e ai comuni colpiti dai sismi del 2009 e 2016, dimostrando che la logica di intervento non è più “una-tantum”, bensì improntata a un riequilibrio strutturale. Ne scaturisce un orizzonte temporale di medio periodo che consente agli imprenditori di pianificare strategie di crescita sostenibile, affrancandosi dalla logica dell’emergenza per abbracciare quella della programmazione integrata.
La nuova architettura degli incentivi prevista dal decreto attuativo Resto al Sud 2.0
Il pilastro finanziario della misura poggia su due strumenti distinti ma complementari. Da un lato vi è il voucher di avvio non rimborsabile, che può raggiungere 40.000 euro ed essere elevato a 50.000 qualora il progetto contempli componenti digitali o soluzioni di economia circolare; dall’altro troviamo il contributo a fondo perduto, articolato in due scaglioni di intensità che coprono fino al 75% degli investimenti sotto i 120.000 euro e fino al 70% per piani più ambiziosi, entro il tetto di 200.000 euro.
Questa impostazione modulare consente al beneficiario di calibrare l’agevolazione sulle effettive esigenze di capitale, preservando il principio de minimis ma introducendo la possibilità di rimodulare le spese fra beni materiali, servizi di consulenza e formazione in sede di rendicontazione. Ne deriva un modello flessibile che premia le imprese capaci di adattarsi ai rapidi mutamenti dei mercati e di integrare conoscenze specialistiche lungo l’intero ciclo di vita del progetto.
Sinergia con PNRR, politiche di coesione e competitività territoriale
Resto al Sud 2.0 dialoga con un ecosistema di strumenti che tra fondi europei, crediti d’imposta e garanzie pubbliche supera i cento miliardi di euro nella programmazione 2021-2027. Il decreto conferma infatti la compatibilità, entro i limiti UE, con i voucher digitali 4.0, i crediti d’imposta per i beni strumentali green e i bonus assunzionali previsti dallo stesso Decreto Coesione. L’effetto leva potenziale può raddoppiare il volume degli investimenti privati nei settori a maggiore intensità di innovazione, generando esternalità positive su filiere quali energie rinnovabili, servizi alla persona, logistica 4.0 e manifatture ad alta conoscenza.
La convergenza tra incentivi monetari e strategie di sviluppo locale produce un vantaggio competitivo territoriale: le imprese beneficiarie non solo coprono parte del fabbisogno di capitale, ma si connettono a reti di competenza, centri di trasferimento tecnologico e hub di ricerca previsti dai programmi PNRR. Ciò consente di consolidare ecosistemi imprenditoriali in grado di attrarre talenti e di mantenere il valore aggiunto nel territorio, invertendo la rotta rispetto alla fuga di competenze che affligge il Sud da decenni.
Le considerazioni dell’esperto Gaetano Longobardi sul decreto attuativo Resto al Sud 2.0
Dopo aver affiancato con successo quasi mille iniziative nell’iter della prima versione di Resto al Sud, Gaetano Longobardi accoglie con entusiasmo la nuova misura e ne sottolinea l’ossatura finanziaria, che a suo giudizio costituisce la principale leva di efficacia. L’esperto evidenzia innanzitutto la dimensione dei fondi, ricordando che la dotazione complessiva di 495 milioni consente di coprire un numero significativo di progetti, grazie a una ripartizione calibrata fra risorse FSE Plus e quote PNRR. Questa massa critica, rimarca Longobardi, garantisce un flusso di liquidità stabile, capace di sostenere tanto micro-interventi a trazione personale quanto programmi d’investimento più strutturati.
La vera novità, prosegue, risiede però nell’architettura del finanziamento: la coesistenza del voucher di avvio, con erogazione immediata in conto capitale, e del contributo a fondo perduto modulato sui due scaglioni di intensità crea un effetto leva che riduce drasticamente il fabbisogno di capitale proprio e alleggerisce il costo medio ponderato delle risorse. Questa impostazione – integrata dai meccanismi di rimodulazione fra beni tangibili e spese immateriali – offre un margine di elasticità che il mercato meridionale non aveva mai sperimentato. L’impianto disegnato dal decreto sostiene la fase di avvio senza deresponsabilizzare l’imprenditore, rendendo la misura più competitiva e, soprattutto, più selettiva in termini di impatto economico.
Prospettive operative per imprenditori, professionisti e consulenti
La finestra di presentazione delle domande, probabilmente attiva a partire da metà agosto con procedura continuativa fino a esaurimento fondi, impone un approccio strategico: i potenziali beneficiari dovranno dimostrare sostenibilità economico-finanziaria, coerenza con il tessuto produttivo locale e capacità di generare occupazione stabile. I consulenti in finanza agevolata assumono un ruolo cruciale lungo l’intero ciclo di vita del progetto, dalla verifica di ammissibilità alla governance degli Stati di Avanzamento Lavori, fino alla rendicontazione finale.
Per il tessuto imprenditoriale meridionale, Resto al Sud 2.0 non è soltanto un contributo economico di breve periodo, ma un’occasione per sperimentare modelli d’impresa resilienti, digitali e sostenibili, capaci di competere in filiere globali pur restando radicati nei territori d’origine. In gioco vi è la possibilità di trasformare un incentivo pubblico in un vantaggio competitivo strutturale, ridefinendo la mappa produttiva del Sud Italia in linea con gli obiettivi europei 2030 e contribuendo alla costruzione di un’economia più inclusiva, innovativa e verde.