Resto al Sud 2.0 il fondo perduto per l’autoimprenditorialità è la misura che concentra risorse su giovani 18–35 anni inattivi o disoccupati nel Mezzogiorno, con un impianto pensato per ridurre subito il fabbisogno di capitale senza appesantire i flussi di cassa. La novità cruciale è che il voucher di avvio e il contributo a fondo perduto percentuale non sono cumulabili: occorre scegliere la formula più adatta alla struttura dei costi, ai tempi di messa a terra e alla sostenibilità del cofinanziamento.
Chi intende spingere su software, marketing e competenze può privilegiare il buono di start-up; chi deve sostenere un investimento più ampio, fino a 200.000 euro, può optare per il grant al 75% o al 70% sapendo di dover coprire la quota residua con mezzi propri o finanza leggera. Il risultato è un perimetro flessibile che allinea l’incentivo agli obiettivi commerciali, minimizzando il debito nel momento in cui il rischio operativo è più alto e rendendo più rapido il percorso verso il break-even.
Resto al Sud 2.0 il fondo perduto per l’autoimprenditorialità: requisiti, territori e spese ammissibili
La misura si rivolge a giovani 18–35 anni disoccupati, inoccupati o inattivi, residenti o in trasferimento nelle regioni del Mezzogiorno, con apertura di partita IVA o costituzione di microimpresa o studio professionale. Sono ammissibili sia attività individuali sia forme societarie, purché il controllo resti in capo ai destinatari, e sono contemplate spese per beni strumentali, tecnologie, software gestionali, servizi specialistici, canoni cloud, marketing digitale e allestimenti leggeri. L’orizzonte territoriale privilegia filiere locali e servizi di prossimità ma non esclude progetti scalabili in logica digitale o green, a condizione che il piano dimostri impatti misurabili su produttività e occupazione. L’ammontare dell’investimento può spingersi fino a 200.000 euro anche con un solo beneficiario, fermo restando l’obbligo di coprire il residuo non finanziato dalla percentuale di contributo. L’istruttoria valuta coerenza tecnica, sostenibilità finanziaria e credibilità della pipeline commerciale, premiando piani con KPI chiari e tracciabilità delle spese.
Nel quadro delle spese ammissibili, la scelta tra voucher e grant percentuale condiziona la composizione del budget. Il buono di avvio – fino a 40.000 euro, elevabile a 50.000 euro per progetti innovativi o green – è utile quando il setup si regge su servizi, licenze e competenze da attivare rapidamente; il contributo percentuale – fino al 75% sotto i 120.000 euro e fino al 70% tra 120.000 e 200.000 euro – diventa invece lo strumento naturale per programmi più strutturati con acquisti tangibili e traguardi produttivi. In entrambi i casi è essenziale il presidio del regime de minimis e della rendicontazione: contratti, collaudi, quietanze e cronoprogrammi devono aderire al perimetro scelto, evitando sovrapposizioni tra voci. La credibilità del piano cresce quando ogni euro è legato a un indicatore di risultato e quando l’impresa dimostra di aver negoziato condizioni di fornitura competitive e tempi coerenti con la curva di trazione.
Il fondo perduto per l’autoimprenditorialità: voucher o contributo percentuale, non insieme
Il principio cardine è la non compatibilità tra voucher e contributo a fondo perduto percentuale nell’ambito della stessa iniziativa. La scelta va quindi impostata in funzione del mix tra intangibili e attivi materiali, della velocità di go-to-market e della capacità del proponente di sostenere la quota di cofinanziamento. Se il progetto è leggero, ad alto contenuto digitale e con ramp-up commerciale rapido, il buono iniziale consente di coprire licenze, marketing e consulenze critiche per generare primi ricavi; se invece l’investimento è più ampio e richiede attrezzature e allestimenti, la via maestra è il grant percentuale, che riduce in modo sostanziale l’esborso iniziale ma richiede liquidità per la parte non coperta.
Esemplificando, un programma da 100.000 euro può essere sostenuto dal voucher fino a 40–50 mila euro oppure dal grant al 75% ma non da entrambi; la decisione incide sul fabbisogno di cassa, sul timing degli acquisti e sulla leva operativa. Su ticket da 200.000 euro un singolo beneficiario può richiedere il 70% a fondo perduto, coprendo i restanti 60.000 euro con mezzi propri, microcredito o dilazioni fornitore, purché il piano mostri sostenibilità del circolante. Una governance documentale rigorosa evita doppi conteggi e ritardi istruttori, mentre un cronoprogramma per lotti rende più fluido l’avanzamento di spesa e l’abilitazione dei canali commerciali.
Resto al Sud 2.0 il fondo perduto per l’autoimprenditorialità: confronto operativo con il Resto al Sud classico
Il Resto al Sud “classico” resta un pilastro per under 56 con investimenti fino a 200.000 euro complessivi, senza possibilità di superare tale tetto. La copertura è al 100% ma strutturata 50% fondo perduto e 50% finanziamento bancario garantito, con massimale di 60.000 euro per beneficiario; ne discende che per progetti da 200.000 euro servono quattro soci, ognuno con proprio plafond, così da raggiungere integralmente il budget ammesso. Questa architettura è ideale quando il team può contare su più proponenti, su fornitori consolidati e su una curva di rientro prevedibile, perché la quota di loan – seppur agevolata – richiede disciplina finanziaria e un cash flow capace di sostenere il servizio del debito senza comprimere la crescita.
Nel 2.0 il baricentro è diverso: un singolo proponente può spingersi fino a 200.000 euro, ma il contributo resta percentuale e impone la copertura del residuo con mezzi propri. Per un investimento al tetto, la percentuale al 70% lascia un fabbisogno di 60.000 euro che va pianificato con equity personale, anticipo fornitori, microcredito o dilazioni; in cambio si elimina l’onere degli interessi e si preserva flessibilità decisionale. La scelta tra le due misure, quindi, dipende da età anagrafica, numerosità del team e capacità di apportare capitale: squadra e loan nel “classico” per progetti materiali e scalati su più soci; contributo percentuale nel 2.0 quando la singola persona può reggere il cofinanziamento e punta a scalare rapidamente su software, canali e talenti.
Consulenza Gratuita e percorso di candidatura
Per massimizzare l’effetto leva dell’incentivo serve una lettura tecnica del fabbisogno, unita a scenari di stress su margine di contribuzione, burn rate e tempi di incasso. Nella Consulenza Gratuita analizzeremo settore, ticket d’investimento, composizione tra intangibili e attivi, fabbisogno di circolante e opzioni di cofinanziamento, così da decidere in modo informato tra voucher e grant percentuale. Prepariamo un business plan per lotti, con KPI misurabili, preventivi allineati e una rendicontazione pronta all’istruttoria, riducendo richieste di integrazioni e accelerando la messa a terra.
Dalla verifica dei requisiti al caricamento della domanda, curerò ogni passaggio con focus operativo: scelta della misura, definizione del cronoprogramma, due diligence documentale, dialogo con fornitori e, se necessario, attivazione di strumenti di finanza complementare per coprire la quota residua. L’obiettivo è semplice e misurabile: ridurre il rischio nei primi mesi, aumentare la velocità di trazione e proteggere la liquidità. Raccontami il progetto e il territorio: predisporrò una valutazione personalizzata con percentuali realistiche, timeline e milestones, così da presentare una candidatura solida e orientata al risultato.