Resto al Sud 2.0 per chi lavora con intelligenza artificiale o nuove tecnologie: è possibile?

Resto al Sud 2.0 intelligenza artificiale

Guida alla Lettura

In un Sud sempre più connesso, dove giovani ingegneri, data scientist e sviluppatori cominciano a vedere opportunità locali anziché solo scenari di fuga, la domanda è tanto ambiziosa quanto concreta: è davvero possibile accedere a Resto al Sud 2.0 se si lavora nel campo dell’intelligenza artificiale, della robotica o delle tecnologie emergenti? Non si tratta più di immaginare il futuro, ma di capire se le politiche pubbliche lo stiano già abilitando, sostenendo concretamente chi intende innovare da Sud. Con l’edizione aggiornata del 2024, il bando promette maggiore apertura verso le attività innovative, ma occorre capire come questa promessa si traduca in opportunità reali. In questo articolo esploriamo se e come l’AI, la digital transformation e le tecnologie avanzate trovano spazio tra le attività ammissibili, quali sono le condizioni operative per accedere al contributo e come impostare un progetto tecnologico che risulti convincente agli occhi di Invitalia.

Intelligenza artificiale e impresa: cosa prevede la nuova visione del bando

Resto al Sud 2.0 nasce per promuovere l’imprenditoria giovanile nelle aree del Mezzogiorno, con un’attenzione crescente verso l’innovazione tecnologica e la trasformazione digitale, come leve per creare valore locale. Rispetto alle versioni precedenti, il bando aggiornato nel 2024 estende la platea delle attività ammissibili includendo esplicitamente quelle legate allo sviluppo e all’utilizzo di nuove tecnologie, tra cui intelligenza artificiale, automazione, big data, realtà aumentata e blockchain, purché configurate in forma imprenditoriale.

Il criterio chiave resta la sostenibilità economica del progetto: non è sufficiente lavorare in un settore avanzato, ma è necessario presentare un business plan che dimostri la capacità di generare ricavi, attrarre clienti o commesse e radicarsi nel territorio. I progetti legati all’AI, ad esempio, possono essere ammessi se hanno come obiettivo la fornitura di soluzioni tecnologiche per terzi (imprese, enti, professionisti) o la creazione di prodotti o piattaforme commerciali. Anche lo sviluppo di applicazioni verticali in settori come turismo, agricoltura, sanità, formazione o logistica può rientrare tra le attività agevolabili, se si dimostra come la componente tecnologica contribuisca a innovare un bisogno concreto del mercato locale.

Quali spese tecnologiche sono ammissibili e come strutturarle correttamente

Una delle caratteristiche più interessanti di Resto al Sud 2.0 è la possibilità di finanziare investimenti ad alta intensità tecnologica, attraverso un doppio canale: il voucher di avvio, che copre le spese immediate fino a 50.000 euro nei progetti digitali e green, e il contributo a fondo perduto sugli investimenti, che può arrivare fino al 75% dei costi totali. Per chi lavora nel campo dell’AI o in ambiti ICT avanzati, ciò consente di coprire spese strategiche come server, GPU, ambienti di calcolo, software di sviluppo, licenze cloud, strumenti di versionamento e collaborazione, database specialistici, piattaforme AI-as-a-service o microservizi.

Tuttavia, è fondamentale strutturare il piano di spesa in modo chiaro e coerente con il modello di business. Ogni investimento deve essere giustificato nel business plan in termini di funzione, impatto e utilità. Il rischio più frequente, per chi opera nel tech, è quello di cadere in una logica “tecnocentrica”, trascurando la dimensione commerciale, relazionale e operativa. Un progetto convincente non è solo un’infrastruttura ben costruita, ma una proposta di valore concreta per il cliente o l’utente finale. Bisogna mostrare con chiarezza come la tecnologia verrà utilizzata per produrre un servizio, un prodotto o una piattaforma effettivamente fruibile, con un potenziale di scalabilità o specializzazione coerente con il territorio in cui si insedia.

Startup deep tech e nuove imprese digitali: il ruolo strategico dell’intelligenza artificiale nel Mezzogiorno

Il Mezzogiorno può essere, oggi più che mai, un terreno fertile per le startup deep tech e le imprese che operano in ambiti ad alta innovazione. La transizione digitale delle filiere locali, la crescente domanda di soluzioni intelligenti nei settori tradizionali e l’evoluzione della pubblica amministrazione verso modelli data-driven offrono spazi concreti per iniziative tecnologiche ad alto impatto. In questo scenario, Resto al Sud 2.0 può fungere da catalizzatore, facilitando la nascita di microimprese specializzate in analisi predittiva, chatbot, AI conversazionale, sistemi di visione artificiale o applicazioni di machine learning per l’ottimizzazione dei processi.

È però essenziale sottolineare che l’incentivo non si rivolge a centri di ricerca o a spin-off universitari già strutturati, ma a giovani che intendono tradurre le proprie competenze tecnologiche in impresa, con base operativa nel Sud. Questo implica un orientamento pratico e imprenditoriale, in cui lo sviluppo tecnologico si integra con marketing, comunicazione, relazione con i clienti e gestione del progetto. L’ambizione non basta: occorre anche capacità di esecuzione, visione di business e compatibilità con il contesto locale, che spesso ha bisogno di soluzioni semplici, adattabili e a basso impatto infrastrutturale.

Aspetti critici da valutare prima di candidarsi con un progetto high-tech

Chi opera nel mondo della tecnologia sa bene che l’innovazione non è mai lineare. Anche nell’accesso a un incentivo pubblico come Resto al Sud 2.0 esistono criticità specifiche per i progetti tecnologici, che è bene conoscere prima di presentare domanda. Innanzitutto, serve una chiara articolazione dei costi e delle fasi progettuali: l’AI non è una parola magica, e gli strumenti come Invitalia richiedono una descrizione concreta delle attività, delle tecnologie utilizzate, dei modelli di business e dei benefici previsti. Occorre evitare terminologie vaghe, sigle generiche o sovrapposizioni di ambiti, pena la non ammissibilità della proposta.

Altro punto chiave riguarda la localizzazione fisica del progetto: anche se si opera in digitale, è necessario avere una sede operativa nel territorio agevolato e dimostrare che l’impresa ha una presenza stabile, con impatto economico locale. In secondo luogo, va tenuto presente che, per quanto innovativo, il progetto deve essere compatibile con la logica dell’incentivo, che resta finalizzato alla creazione di occupazione giovanile, sviluppo imprenditoriale e crescita territoriale. Questo significa che l’elemento tecnologico deve servire una strategia di impresa, non costituire fine a sé stesso.

Se hai dubbi, informati con esperti del settore: avviare una realtà innovativa nel campo dell’AI o delle nuove tecnologie nel Mezzogiorno è oggi possibile e potenzialmente sostenuto da Resto al Sud 2.0, ma solo se affrontato con rigore, visione e coerenza rispetto ai criteri richiesti. Una consulenza specializzata può aiutarti a trasformare un’idea tecnologica in un’impresa finanziabile, concreta e pronta a crescere.

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