Negli ultimi dieci anni, migliaia di giovani e professionisti qualificati hanno lasciato il Mezzogiorno per cercare opportunità all’estero o nelle grandi città del Nord Italia. Una generazione di expat, studenti internazionali e cervelli in fuga che, spesso, non ha abbandonato l’idea di rientrare, ma si è trovata priva degli strumenti per farlo. Con l’introduzione di Resto al Sud 2.0, cambia il paradigma: oggi è possibile pensare a un ritorno non solo emotivo, ma anche economico, basato su un progetto d’impresa sostenuto da contributi a fondo perduto. Ma quali sono le reali possibilità per chi vive fuori, magari da anni? Come funziona l’accesso per chi vuole tornare al Sud e avviare un’attività? Quali sono i requisiti, le agevolazioni, i limiti e le opportunità concrete? In questo articolo analizzeremo nel dettaglio come Resto al Sud 2.0 possa diventare una leva concreta per il rientro e per una nuova vita professionale nel territorio d’origine, fornendo risposte chiare e affidabili per chi sta valutando di tornare e ripartire.
Chi può rientrare con Resto al Sud 2.0: il profilo degli expat ammessi
La nuova versione dell’incentivo, introdotta nel 2024 con il Decreto Coesione, apre uno scenario interessante anche per i giovani italiani che vivono all’estero o in altre aree del Paese. Resto al Sud 2.0 è rivolto a giovani tra i 18 e i 35 anni, disoccupati o inattivi, residenti nelle regioni del Mezzogiorno o disponibili a trasferirvi per avviare un’attività. Questo significa che un expat italiano che risiede all’estero, ma mantiene la cittadinanza e ha intenzione di rientrare in Italia per fare impresa, può candidarsi all’incentivo, a patto di trasferire la propria residenza in una delle aree ammesse prima della fase di erogazione del contributo.
Il requisito anagrafico, tuttavia, è vincolante: solo chi non ha compiuto 36 anni può accedere alla nuova misura. Non è invece necessario essere già titolari di un’attività o avere una partita IVA: al contrario, il bando premia chi parte da zero, con una nuova impresa o una nuova attività professionale. La posizione di chi ha fatto esperienza all’estero viene valorizzata, purché sia possibile dimostrare che le competenze acquisite siano utili allo sviluppo del progetto imprenditoriale proposto. È quindi importante pianificare con attenzione il rientro, coordinando tempi e documentazione, anche con l’aiuto di consulenti esperti, per non perdere l’opportunità di accedere al contributo.
Cosa finanzia l’incentivo e come costruire un progetto solido per il rientro
Resto al Sud 2.0 si distingue per la sua struttura finanziaria particolarmente favorevole a chi rientra da contesti esterni. Il bando prevede due strumenti principali: un voucher di avvio fino a 40.000 euro (elevabile a 50.000 per progetti green o digitali) e un contributo a fondo perduto sugli investimenti fino al 75% delle spese complessive. Questo significa che un giovane expat che vuole tornare e aprire, ad esempio, una start-up tech, una realtà di servizi innovativi o una microimpresa nel turismo sostenibile può ricevere un sostegno economico consistente, riducendo fortemente l’apporto personale iniziale.
Le spese ammissibili includono attrezzature, beni strumentali, software, servizi digitali, consulenze, ristrutturazioni e persino percorsi di formazione e tutoraggio. Un vantaggio non secondario per chi ha lavorato in contesti internazionali e ora vuole reinvestire il proprio know-how in Italia. Tuttavia, non si tratta di un assegno a fondo perduto incondizionato: è necessario presentare un business plan ben articolato, con dati realistici, obiettivi economici chiari e una sostenibilità economico-finanziaria credibile. Chi rientra dall’estero dovrà quindi dedicare tempo e attenzione alla progettazione, trasformando l’esperienza internazionale in un vantaggio competitivo credibile e funzionale allo sviluppo locale.
Competenze globali, impatto locale: il valore aggiunto del rientro
Uno degli aspetti più interessanti di Resto al Sud 2.0 è la sua apertura verso progetti innovativi e ad alto valore aggiunto, che abbiano una ricaduta concreta sul territorio. In questo senso, i profili di chi ha maturato esperienze internazionali – in multinazionali, università, start-up estere – risultano particolarmente coerenti con gli obiettivi del bando. La misura non finanzia solo attività artigianali o commerciali, ma anche imprese culturali, digitali, green e professioni intellettuali in forma imprenditoriale. Questo significa che l’expat rientrato può diventare una figura chiave nella trasformazione del Sud, portando competenze, visione e connessioni maturate all’estero e adattandole alle esigenze del territorio.
Il ritorno, in questo caso, non è solo geografico ma strategico: riportare know-how per generare sviluppo. Un progetto coerente, ben fondato e con un approccio moderno può trovare pieno accoglimento all’interno del bando. Inoltre, è prevista una fase di accompagnamento formativo e di tutoraggio, che consente al giovane imprenditore di essere seguito nei primi mesi cruciali. Questo è un valore aggiunto importante per chi, pur avendo una forte esperienza professionale, si affaccia per la prima volta alla gestione di un’impresa nel contesto italiano.
Vincoli normativi e condizioni operative: cosa sapere prima di tornare
Prima di immaginare un rientro finanziato da Resto al Sud 2.0, è necessario conoscere i vincoli tecnici della misura. In primo luogo, la residenza effettiva in una delle regioni ammesse è condizione essenziale per ottenere i contributi. Questo implica una decisione logistica e personale importante, che deve essere ben ponderata. Inoltre, l’attività deve avere una sede operativa fisica nel territorio, anche se si tratta di un’attività digitale o professionale. L’impostazione del bando è pensata per favorire l’insediamento stabile e lo sviluppo di impresa in loco, scoraggiando modelli troppo mobili o slegati dal contesto territoriale.
Altro aspetto centrale è il rispetto dei tempi e della rendicontazione. L’intero processo, dalla domanda alla realizzazione, richiede una pianificazione precisa. L’erogazione dei contributi avviene in più fasi, in base allo stato di avanzamento del progetto, e ogni spesa deve essere documentata. Per chi è abituato a sistemi burocratici più snelli, questo può sembrare un ostacolo, ma in realtà si tratta di una garanzia di trasparenza e correttezza, che richiede solo un po’ di preparazione. Infine, è fondamentale prestare attenzione ai requisiti formali: ad esempio, non bisogna avere un’attività analoga già avviata o una partita IVA aperta nei 12 mesi precedenti la domanda. Questi aspetti devono essere verificati con attenzione per non compromettere la fattibilità del rientro.
Ripartire dal Sud: il ritorno come scelta strategica e sostenibile
Rientrare al Sud non significa fare un passo indietro, ma spesso fare una scelta di autonomia, di impatto e di costruzione duratura. Resto al Sud 2.0 rende questa scelta più concreta, offrendo un supporto economico e formativo per chi vuole ripensare la propria carriera e costruire qualcosa di nuovo nel territorio d’origine. La misura permette non solo di avviare un’impresa, ma anche di valorizzare competenze acquisite all’estero, creare occupazione, stimolare innovazione e costruire reti locali. Per molti expat, può rappresentare il passaggio da un’esperienza internazionale alla realizzazione di un progetto personale e territoriale, con radici forti e visione globale.
Inoltre, la misura si inserisce in un contesto più ampio di politiche di coesione territoriale, sostenute anche dai fondi europei, che mirano a ridurre il divario Nord-Sud non con sussidi, ma con investimenti in capitale umano e idee imprenditoriali. Il ritorno dei cervelli in fuga, in questo scenario, non è solo auspicato: è progettato, incentivato, sostenuto. Ma serve consapevolezza, preparazione e, soprattutto, una progettualità concreta e coerente con le regole del bando.
Conclusione: un’opportunità reale, se affrontata con competenza e visione
Resto al Sud 2.0 può rappresentare una reale occasione di rientro per chi ha lasciato il Mezzogiorno per studiare, lavorare o formarsi altrove. Contributi a fondo perduto, tutoraggio e percorsi personalizzati fanno di questa misura uno strumento efficace per ripartire con basi solide. Tuttavia, si tratta di un percorso che richiede precisione, pianificazione e consapevolezza normativa. Se stai pensando di rientrare e vuoi costruire un progetto d’impresa nel tuo territorio, informati con esperti del settore: solo una corretta valutazione tecnica e strategica può trasformare un’idea in un’impresa sostenibile.