L’anno appena iniziato si preannuncia cruciale per le politiche di sviluppo territoriale in Italia, e in particolare per le iniziative dedicate alla nascita di nuove imprese nel Sud. Al centro dell’attenzione c’è nuovamente il programma Resto al Sud, che per il 2025 si rinnova profondamente, abbracciando due direttrici distinte ma complementari. Da un lato, il modello già consolidato, operativo dal 2017 e rivolto a chi intende mettersi in proprio in età adulta. Dall’altro, la nuova misura Resto al Sud 2.0, pensata per dare risposta concreta a quei giovani che, pur volendo intraprendere, si trovano in condizioni di marginalità economica, sociale o lavorativa. È un cambio di passo non solo formale ma concettuale, perché sposta l’attenzione dal semplice sostegno economico alla costruzione di percorsi di inclusione attraverso l’impresa.
La misura classica: un modello consolidato e ancora valido
La versione originaria di Resto al Sud continua a rappresentare una delle leve più importanti per il rilancio dell’imprenditorialità nelle regioni meridionali, nei crateri sismici del Centro Italia e nelle isole minori. Il suo successo si basa su una combinazione vincente di fondo perduto e prestito bancario a tasso zero, in grado di finanziare sia imprese individuali sia società composte da più soggetti. L’importo massimo erogabile può arrivare fino a 60.000 euro per ogni socio e fino a 240.000 euro complessivi per le società, rendendo lo strumento particolarmente competitivo anche per progetti più strutturati e ambiziosi. Ciò che rende questa misura interessante è soprattutto la sua versatilità: è aperta anche a persone già occupate, purché disponibili a uscire dal mercato del lavoro subordinato per intraprendere un’attività autonoma in modo esclusivo.
In un contesto economico dove l’accesso al credito è spesso un ostacolo, il meccanismo di Resto al Sud consente una pianificazione più serena e accessibile, grazie a un contributo che, se ben utilizzato, può essere la leva per trasformare un’idea in un’impresa solida. È una misura che premia la maturità progettuale, la chiarezza del business model e la capacità di reggere un confronto con le dinamiche del mercato.
Resto al Sud 2.0: un nuovo approccio per una nuova platea
Con l’introduzione del Decreto Coesione del 2024, il panorama delle politiche di incentivo all’imprenditorialità si amplia grazie alla nascita di Resto al Sud 2.0, uno strumento ideato per affiancare, senza sostituire, la misura classica già operativa. La nuova versione è destinata in modo esclusivo ai giovani under 35 che si trovano in una condizione di svantaggio occupazionale o sociale, come i NEET, i disoccupati di lungo periodo, gli inoccupati, oppure coloro che beneficiano di politiche attive del lavoro o di ammortizzatori sociali. Il suo obiettivo non è soltanto quello di generare nuove attività economiche, ma soprattutto di rimettere in moto percorsi di inclusione e dignità professionale per chi oggi si trova ai margini del circuito produttivo.
Il vero tratto distintivo di Resto al Sud 2.0 è la sua natura interamente a fondo perduto, ma con una biforcazione strategica interna. Il beneficiario, infatti, non riceve entrambe le forme di sostegno, ma deve scegliere tra due opzioni alternative. La prima consiste in un voucher fino a 50.000 euro, erogato direttamente e destinato in particolare ai progetti a forte carattere innovativo o sostenibile. La seconda opzione, invece, prevede un contributo a fondo perduto fino al 75% delle spese complessive, per progetti che non superino i 200.000 euro di investimento complessivo, con il restante 25% a carico del beneficiario.
In entrambi i casi, la struttura della misura elimina completamente l’elemento del debito bancario, rendendola accessibile anche a chi non ha garanzie patrimoniali o un rapporto stabile con il sistema creditizio. È un disegno pensato per ridurre le barriere all’ingresso, rivolgendosi in modo mirato a chi necessita di una prima occasione concreta per costruire un’autonomia lavorativa, senza essere vincolato da logiche finanziarie tradizionali.
Percorsi formativi e accompagnamento: il vero valore aggiunto
A rendere ancora più interessante Resto al Sud 2.0 è la presenza di percorsi obbligatori di formazione, tutoraggio e accompagnamento, che non rappresentano un mero orpello burocratico, ma una componente centrale della misura. Chi accede a questo incentivo viene seguito passo dopo passo nella definizione del progetto, nella sua messa a terra operativa e nella gestione delle prime fasi di vita dell’impresa. È un modello che investe sulle competenze, e che intende ridurre drasticamente il rischio di fallimento precoce grazie all’affiancamento di professionisti e mentor.
Questo approccio non solo migliora le probabilità di riuscita, ma contribuisce a creare una cultura d’impresa più consapevole, soprattutto tra chi parte da zero e non ha alle spalle esperienze lavorative stabili. In un contesto così delicato, non è sufficiente concedere fondi: serve costruire un’intera architettura di supporto.
Due misure, due profili diversi: come scegliere consapevolmente
Le due misure si applicano allo stesso perimetro geografico e condividono la necessità di avere un progetto imprenditoriale coerente, ma differiscono in modo netto per finalità, destinatari e struttura. La differenza sostanziale non risiede in ciò che si deve possedere all’inizio — non è richiesta alcuna partita IVA per presentare la domanda, né per la misura classica né per la versione 2.0 — ma nella visione e nel profilo del soggetto proponente. Chi ha una carriera professionale consolidata, una chiara idea di business e la possibilità di affrontare un investimento strutturato, troverà nel Resto al Sud classico un alleato strategico. Al contrario, chi proviene da percorsi di marginalità sociale o lavorativa, e necessita di un sostegno integrato che comprenda fondi, formazione e accompagnamento, potrà contare su una misura specificamente progettata per le sue esigenze.
Tempistiche e strategia: muoversi per tempo è la chiave
Va sottolineato che, mentre la misura classica è pienamente operativa e accessibile tramite Invitalia, Resto al Sud 2.0 è ancora in attesa del decreto attuativo che ne renderà possibile la presentazione delle domande. Tuttavia, questo non deve essere visto come un freno, bensì come un’opportunità strategica. Il tempo che precede l’apertura dello sportello può essere utilizzato in modo produttivo per iniziare a lavorare sul proprio progetto, definendo obiettivi, voci di spesa, piano di sostenibilità e requisiti di ammissibilità.
Affidarsi a un consulente esperto già in questa fase consente di guadagnare vantaggio competitivo, evitando errori formali, carenze nella documentazione e lacune nel modello di business. Chi si presenterà con un progetto ben fatto al momento giusto sarà nelle condizioni ideali per accedere ai fondi in tempi rapidi.
Resto al Sud 2025 è una scelta strategica, non solo un’opportunità
L’anno che si apre rappresenta un momento di trasformazione profonda nelle politiche per lo sviluppo imprenditoriale del Sud Italia. Con due strumenti paralleli e complementari, Resto al Sud 2025 non si limita a offrire fondi, ma propone due veri percorsi alternativi: uno per chi ha già un progetto solido da lanciare e l’altro per chi ha bisogno di una base per ripartire. Capire chi si è, dove si vuole andare e con quali risorse è il primo passo per scegliere il canale giusto. E come sempre, non sarà il bando a determinare il successo di un’impresa, ma la visione strategica e la qualità del progetto.