Tra le migliaia di candidature inviate ogni anno, molti progetti presentati per Resto al Sud non vengono approvati, spesso non per mancanza di potenziale, ma per errori strategici, requisiti non rispettati o carenze nella struttura del piano. La misura resta una delle più potenti a disposizione di chi desidera avviare un’attività nel Mezzogiorno o nelle aree agevolate, ma proprio per questo richiede attenzione, consapevolezza e competenze. Anche le idee più promettenti possono essere respinte se non rispondono in modo preciso ai criteri tecnici, gestionali e finanziari richiesti dal bando. In questo articolo analizziamo le cause più frequenti di esclusione, cosa sono i motivi ostativi, come rispondere correttamente e cosa fare per trasformare un rigetto in una nuova opportunità concreta.
Chi può accedere a Resto al Sud e perché alcuni progetti non vengono approvati
Il primo nodo critico riguarda l’ammissibilità soggettiva. Per accedere a Resto al Sud, è necessario non solo essere under 56 al momento della domanda, ma anche risiedere stabilmente nei territori eleggibili – ovvero Regioni del Sud, i 116 Comuni del cratere sismico del Centro Italia, o le isole minori del Centro-Nord. Chi non vi risiede al momento della candidatura può comunque partecipare, a patto che trasferisca la propria residenza entro 60 giorni dalla concessione dell’agevolazione (o entro 120 giorni se risiede all’estero).
Ma non è tutto: non bisogna essere titolari di imprese attive alla data del 21 giugno 2017, non si devono aver ricevuto incentivi pubblici per l’autoimpiego negli ultimi tre anni, né essere vincolati da contratti di lavoro a tempo indeterminato. Questo ultimo punto è spesso frainteso: chi lavora a tempo indeterminato deve interrompere il rapporto lavorativo prima della domanda e impegnarsi formalmente a non riassumerne uno per l’intera durata del finanziamento.
Per quanto riguarda i liberi professionisti, sono ammissibili solo se non risultano titolari di partita IVA per attività analoghe (fino alla terza cifra del codice Ateco) nei 12 mesi precedenti. Anche in ambito societario, se anche un solo componente della compagine non rispetta i requisiti, il progetto viene automaticamente considerato non ammissibile. La verifica dei requisiti, insomma, deve essere rigorosa e completa, sin dalla fase preliminare.
Resto al Sud progetti non approvati per carenze nella progettazione
Una seconda causa frequente di rigetto riguarda la qualità della progettazione. Resto al Sud non finanzia solo buone idee, ma modelli di impresa credibili, coerenti, sostenibili e inseriti nel contesto economico di riferimento. Molte domande vengono respinte perché il business plan risulta debole, contraddittorio o costruito in modo superficiale. È il caso di progetti che sovrastimano i ricavi, sottostimano i costi, non prevedono strategie di marketing o mostrano scarsa conoscenza del settore di riferimento.
Capita anche che vengano inserite spese non ammissibili, come l’acquisto di mezzi usati, immobili, lavori non direttamente funzionali all’attività. Oppure che si presenti una proposta troppo generica, senza un’identità definita, con target e obiettivi vaghi. Resto al Sud premia chi sa mettere a terra un’idea in modo imprenditoriale, non chi si limita a esporre un’intenzione. La progettazione è un passaggio cruciale e non può essere affidata a modelli standard o documenti precompilati: ogni proposta deve essere costruita su misura, con attenzione tecnica e strategica.
Colloquio con Invitalia: quando l’impreparazione costa cara
Superata la fase documentale, molti candidati si trovano a sostenere il colloquio di valutazione con Invitalia, che ha un ruolo determinante nell’esito finale. Durante questo incontro, i valutatori verificano la reale coerenza tra quanto scritto nel progetto e la preparazione effettiva del proponente. E qui spesso emergono le fragilità: risposte vaghe, numeri incerti, dubbi sulla fattibilità tecnica, mancanza di padronanza rispetto a costi, fornitori, canali di vendita o tempistiche operative.
Altri errori comuni sono il discostarsi eccessivamente da quanto indicato nel business plan, o peggio ancora, proporre durante il colloquio una visione del progetto diversa da quella approvata in fase istruttoria. Resto al Sud valuta anche la solidità imprenditoriale del richiedente, e chi non dimostra di conoscere a fondo il proprio piano o si presenta impreparato, rischia seriamente di compromettere tutto. Il colloquio non è una formalità: è il momento in cui il progetto si gioca la sua credibilità.
Motivi ostativi: quando i progetti Resto al Sud vengono rigettati (ma c’è ancora speranza)
Nel momento in cui un progetto non viene ritenuto idoneo al finanziamento, Invitalia comunica ufficialmente al richiedente i cosiddetti motivi ostativi. Si tratta di un documento che elenca le criticità emerse durante l’istruttoria o il colloquio, indicando con precisione le ragioni del diniego. I motivi possono riguardare la mancanza dei requisiti, la non sostenibilità del piano economico, la debolezza gestionale, la non coerenza dell’attività proposta con la normativa del bando, oppure la non rispondenza tra quanto dichiarato e quanto emerso in fase di verifica.
Ricevere i motivi ostativi è spesso vissuto come una bocciatura definitiva, ma in realtà può diventare un’occasione di analisi e ripartenza. Capire dove si è sbagliato, individuare le lacune emerse, ristrutturare la proposta con il giusto supporto professionale consente, nella maggior parte dei casi, di ripresentare domanda in una forma più solida, migliorata e finalmente ammissibile.
Prepararsi con metodo: l’unico vero antidoto al rigetto
Molti progetti non vengono approvati non perché siano sbagliati, ma perché vengono presentati in modo errato o poco professionale. In una misura complessa come Resto al Sud, ogni dettaglio conta: i numeri devono essere credibili, le strategie chiare, l’analisi di mercato fondata. Serve visione, ma anche metodo. Affrontare questo percorso senza un supporto tecnico aumenta il rischio di rigetto.
Se hai ricevuto motivi ostativi, non rispondere da solo. Affidati a un consulente esperto, in grado di leggere correttamente il linguaggio tecnico di Invitalia, di individuare i punti deboli e di riformulare la documentazione in modo strategico. Perché spesso non è l’idea a essere debole, ma il modo in cui è stata raccontata.